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C'è anche l'artista dietro l'ingegnere

di Paola Pierotti e Mauro Salerno

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11 agosto 2009

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Per aggredire la congiuntura negativa l'Ordine punta a ottenere dal governo il ripristino dei tetti minimi sulle tariffe professionali. Una soluzione caldeggiata da buona parte del mondo professionale che fa capo agli ingegneri. Ma non da tutti, soprattutto tra i progettisti più giovani. «Non credo che il ripristino delle tariffe sia la soluzione giusta - incalza Marsetti -. Chi l'ha detto che garantiscono la qualità della progettazione? Bisognerebbe fare il ragionamento inverso. Il compito dell'Ordine non dovrebbe essere quello di stabilire tariffe, ma di individuare gli standard minimi di professionalità e fare controlli a campione per verificarne il rispetto. Così, il prezzo verrebbe da sé e si noterebbe il valore aggiunto garantito dalle competenze professionali di ciascuno».

Il rapporto tra professionisti e Ordine ha davvero posizioni svariate: c'è chi sostiene lo statu quo, chi parla di abolizione e chi, come Del Mese, sostiene la necessità di una riforma. «Gli Ordini dovrebbero essere associazioni culturali, uno strumento di comunicazione con interessi scientifici, non pezzi di sindacato». Marsetti, dal suo ruolo di giovane consigliere («di minoranza», sottolinea) dell'Ordine di Bergamo, invoca una stagione di profondo rinnovamento. «Gli Ordini sono percepiti solo come una tassa da pagare per poter esercitare la professione - dice - ma non rappresentano più nessuno. A Bergamo ci sono 2.400 iscritti e alle ultime elezioni hanno votato in 300. Gli Ordini potrebbero fare formazione, aggiornare e controllare la qualità delle prestazioni e aiutare i giovani. Non si può assistere inermi allo sfruttamento dei neolaureati che in alcuni studi professionali vengono pagati 6 euro all'ora».
Per le nuove generazioni il futuro è incerto. L'università è un primo passaggio, ma il salto si fa solo entrando in contatto con il mondo del lavoro. La mobilità e la formazione all'estero sono requisiti essenziali per chi ha portato in Italia Arup: «La lezione di Arup - racconta Del Mese - dimostra che tra generazioni non ci devono essere barriere, divisioni, gerarchie. Per tutti io sono semplicemente Gab. Le informazioni da noi circolano liberamente attraverso intranet e non ci sono segreti tra i 10mila dipendenti. Il clima è aperto e anche un neolaureato è incoraggiato a partecipare e collaborare per grandi progetti. I giovani sono la nostra priorità, non vanno mortificati». La strategia di Arup è la formazione in house, incentivando la creatività e facendo leva su un approccio multidisciplinare alla risoluzione delle sfide tecniche. Gli stessi software sono prodotti dalla multinazionale e rispondono in maniera mirata alle esigenze che sorgono nella gestione delle varie commesse.

Qui si avverte tutto il salto che divide le due esperienze professionali. «Subito dopo l'università sono entrata in uno studio tecnico - continua Marsetti -. Ho capito che negli anni trascorsi in aula avevo imparato tutto dal punto di vista teorico, nulla da quello pratico. Sapevo più o meno tutto su come si doveva progettare una struttura, ma non ero in grado di fare un disegno comprensibile ai muratori dell'impresa. Ho imparato il mestiere, rubandolo. In nessuno studio ti insegnano la professione: hanno paura di creare concorrenti sul territorio. Quando mi sono accorta che anche conquistando un solo contratto avrei guadagnato di più che in un anno di lavoro da dipendente, ho deciso di tentare la carriera libero-professionale».
Non è un caso se a tenere alto il nome dell'ingegneria italiana nel mondo non siano più i grandi professionisti del passato che hanno legato il loro nome a un ponte, un'infrastruttura simbolo, ma le società capaci di inseguire il business sui vecchi e nuovi mercati come Net Engineering, Technical, Proger, Lotti, Rpa, Favero & Milan, Politecnica Ingegneria e Architettura, Studio Altieri tanto per citare alcune tra le prime realtà indipendenti per fatturato nel settore della progettazione pura o il gruppo torinese Ai o la società veneta Pool Invest forti di commesse record negli Emirati Arabi.
A sentire Del Mese quella della ricerca dei nuovi mercati è una strada obbligata così come quella di stare al passo con l'evoluzione tecnologica. «Tra i giovani bisogna incoraggiare la mobilità. È inutile rimanere parcheggiati nelle università magari puntando a doppia laurea e ai master. Meglio la gavetta in giro per il mondo».

Molto è cambiato con l'irruzione dirompente delle tecnologie informatiche. Una volta l'ingegnere era visto come un abile maneggiatore di numeri e poco più. «Fino a dieci anni fa tante cose non si riuscivano a disegnare e quindi non si costruivano nemmeno. Con le applicazioni tridimensionali non c'è limite alla fantasia. Il software diventa un generatore di idee e forme capaci di sedurre qualunque cliente». Ma l'appeal non basta.
La crisi energetica, le catastrofi naturali, il terremoto, le polemiche sull'inadeguatezza delle reti di mobilità a ogni esodo estivo insegnano quanto valore abbia la capacità di analizzare tutti gli aspetti di un problema. «La lezione per il futuro, almeno per il nostro settore, è che non bisogna mai perdere di vista la funzionalità delle strutture - conclude Del Mese -. La longevità delle opere, i costi di manutenzione, lo studio dei flussi di traffico, l'acustica, l'impiantistica e la statica sono i pilastri su sui deve poggiare ogni progetto».

11 agosto 2009
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